Capitolo dessimo
La misteriosa scomparsa di Lutero suscitò costernazione in tutta la Germania. Ovunque si chiedeva di lui e circolavano le più strane voci. Molti credevano addirittura che egli fosse stato ucciso. Egli era pianto non solo dagli amici dichiarati, ma anche da migliaia di persone che ancora non si erano schierate apertamente con la Riforma. Non pochi giurarono di vendicarne la morte.
I dignitari della chiesa romana videro con terrore fino a che punto l'opinione pubblica fosse loro ostile. Mentre dapprima esultavano per. la presunta morte dì Lutero, ora desideravano nascondersi per sottrarsi all'ira del popolo. 1 nemici di Lutero non erano mai stati tanto turbati dai suoi atti, quanto lo erano ora che egli era scomparso. Quanti nel loro furore avevano cercato di eliminarlo, erano sbigottiti ora che egli era un prigioniero impotente. « L'unica via di uscita », disse uno di loro, « sarebbe quella di accendere delle torce e di andare in cerca di Lutero in tutto il mondo, per restituirlo alla nazione che lo invoca » D'Aubigné, vol. 9, cap. l. L'editto imperiale sembrava impotente, e i legati. pontifici erano indignati nel vedere che esso richiamava meno attenzione di quanto, invece, non ne richiamasse la sorte di Lutero.
La notizia che egli era al sicuro, anche se prigioniero, placò i timori del popolo e contribuì ad accrescere l'entusiasmo per lui. 1 suoi scritti venivano letti con più ardore di prima. Sempre più numerosi diventavano i partigiani della causa dell'uomo eroico che, in drammatiche circostanze, aveva difeso i diritti della Parola di Dio. La Riforma cresceva ovunque in vigore, e il seme sparso da Lutero dava i suoi frutti. La sua assenza compì un'opera che forse non sarebbe stata compiuta dalla sua presenza. 1 suoi collaboratori sentirono la propria responsabilità ora che il loro grande capo era scomparso, e si misero in azione con nuovo slancio e con rinnovata fede per fare tutto quello che era in potere- loro, affinché l'opera cominciata in modo così nobile non fosse intralciata.
Satana, però, non se ne stette inerte e non mancò di fare quello che aveva sempre fatto con ogni altro movimento di riforma: ingannare le anime e distruggerle mediante una contraffazione della verità. Come vi erano stati dei falsi cristi nel secolo apostolico, ci furono dei falsi profeti nel sedicesimo secolo.
Alcuni uomini, scossi dall'eccitazione esistente nel mondo religioso, ritenevano di avere ricevuto da Dio l'incarico di adoperarsi per portare a compimento l'opera della Riforma che,.essi dicevano, con Lutero aveva avuto solo un debole inizio. In realtà, essi disfacevano quello che era stato fatto, in quanto rigettavano il grande principio che stava alla base della Riforma stessa: la Parola di Dio come unica regola di fede e di condotta. Al posto di questa infallibile guida, essi cercavano di mettere l'incerto e mutevole criterio rappresentato dai loro sentimenti e dalle loro impressioni. Con siffatto concetto si cercava di scalzare la pietra di paragone capace di smascherare l'errore e la falsità, e si. apriva la via perché Satana riuscisse a dominare le menti umane a proprio piacimento.
Uno di questi « profeti » pretendeva di essere stato istruito dall'angelo Gabriele. Uno studente che si unì a lui abbandonò gli studi dicendo di essere stato dotato da Dio stesso della dovuta sapienza per esporre la sua Parola. Altri, inclinì per natura al fanatismo, si aggiunsero a loro, e così l'attività di questi entusiasti provocò` non poca eccitazione. La predicazione di Lutero aveva indotto ovunque la gente a sentire la necessità di una riforma, ed ecco che ora alcune di queste persone davvero oneste venivano sviate dalle pretese di questi « nuovi profeti ».
I capi del movimento si recarono a Wittenberg ed esposero le loro pretese a Melantone e ai suoi colleghi, dicendo: « Noi siamo mandati da Dio ad ammaestrare il popolo. Abbiamo avuto delle conversazioni familiari col Signore e sappiamo quello che dovrà accadere. Siamo degli apostoli e dei profeti e ci appelliamo a Lutero » Idem, vol. 9, cap. 7.
1 riformatori rimasero perplessi e attoniti. Si trovavano di fronte a un fatto del tutto nuovo e non sapevano quale atteggiamento assumere. Melantone disse: « In questi uomini ci sono degli spiriti straordinari; ma di quali spiriti si tratta?... Da un lato noi dobbiamo fare attenzione di non soffocare lo Spirito di Dio, e dall'altro dobbiamo guardarci dal lasciarci fuorviare dallo spirito di Satana » Ibidem.
Ben presto, però, i frutti di questo nuovo insegnamento furono palesi: la gente trascurava la Bibbia, quando addirittura non l'abbandonava. Le scuole erano in preda alla confusione. Gli studenti, rompendo ogni freno, abbandonavano gli studi e disertavano l'università. Gli uomini che si ritenevano competenti per ravvivare l'opera della Riforma e per guidarla, non facevano che spingerla verso l'abisso. 1 sostenitori di Roma riprendevano animo ed esclamavano esultanti: « Ancora un'ultima battaglia e la vittoria sarà nostra! » Ibidem.
Lutero, alla Wartburg, avendo udito quello che stava accadendo, disse preoccupato: « Purtroppo, mi aspettavo che Satana ci avrebbe mandato questa piaga! » Ibidem. Egli discerneva benissimo il vero volto di quei presunti profeti, ed era consapevole del pericolo che minacciava la causa della verità. L'opposizione del papa e dell'imperatore non gli aveva causato la perplessità e la distretta che provava ora. 1 peggiori nemici della Riforma erano usciti dai suoi pretesi amici. Quelle stesse verità che erano state fonte di gioia e di consolazione, venìvano sfruttate per provocare la lotta e per creare la confusione nella chiesa.
Nell'opera della Riforma, Lutero era stato sospinto dallo Spirito di Dio e trasportato ben oltre quanto egli avesse potuto pensare in un primo momento. Mai, infatti, egli si sarebbe immaginato di dover prendere la posizione che aveva assunto e di provocare cambiamenti tanto radicali. Egli era stato solo uno strumento nelle mani della Potenza infinita, eppure spesso egli aveva tremato per i risultati della sua opera. Una volta ebbe a dire: « Se io sapessi che la mia dottrina può fare del male a un uomo, un solo uomo per basso e oscuro che sia - ma non lo può, perché essa è il Vangelo stesso -, preferirei morire dieci volte piuttosto che non ritrattarla » Ibidem.
Ora la stessa Wittenberg, centro della Riforma, stava per cadere in preda al fanatismo e all'illegalità. Questa terribile condizione non era stata provocata dall'insegnamento di Lutero; ma in tutta la Germania i suoi nemici l'attribuivano a lui. Con profonda amarezza egli talvolta si domandava: « t mai possibile che questa possa essere la fine della grande opera della Riforma? » Ibidem. Ma lottando in preghiera con Dio, egli sentì la pace scendere nel suo cuore: « L'opera non è mia, ma tua », disse. « Tu non permetterai che essa sia guastata dal fanatismo e dalla superstizione ». Nondimeno, il pensiero di rimanere ancora a lungo fuori della mischia in un momento così critico, gli era insopportabile. Decise, allora, di ritornare a Wittenberg.
Senza esitare, si accinse al pericoloso viaggio, nonostante fosse stato messo al bando dall'impero e sapesse che i suoi nemici avevano facoltà di togliergli la vita, mentre agli amici era stato severamente vietato di aiutarlo e di ospitarlo. Il governo imperiale stava adottando le più drastiche misure contro i suoi sostenítori. Egli, però, conscio che l'opera del Vangelo era in pericolo, decise di entrare in lizza nel nome del Signore per combattere a favore della verità.
In una lettera all'elettore, dopo aver comunicato il suo proposito di lasciare la Wartburg, Lutero scrisse: « Sia noto a sua Altezza che io vado a Wíttenberg sotto una protezione superiore a quella che potrebbe venirmi dai principi e dagli elettori. Io non penso di sollecitare l'appoggio di sua Altezza e, lungi dal desiderare la sua protezione, preferirei essere io a proteggere lei. Se io sapessi che sua Altezza volesse e potesse proteggermi, non andrei a Wittenberg, perché non c'è spada che possa aiutare in questa causa: solo Dio deve fare tutto, senza l'aiuto e il concorso dell'uomo. Chi possiede la fede più grande è il più atto a proteggere » Idem, vol. 9, cap. 8.
In una seconda lettera, scritta durante il viaggio verso Wittenberg, Lutero aggiunse: « Io sono pronto a incorrere nello sfavore di sua Altezza e nell'ira del mondo intero. Non sono forse i wittenberghesi la mia greggia? Non li ha Iddio affidati a me? Per conseguenza non debbo io, se necessario, espormi alla morte per amor loro? Inoltre, io temo di vedere scoppiare in Germania una sommossa per 14 quale Dio punirebbe la nostra nazione » Idem, vol. 9, cap. 7.
Con grande prudenza e umiltà, tuttavia con fermezza e decisione, egli si mise all'opera. « Per mezzo della Parola », diceva, « noi dobbiamo abbattere e distruggere quello che è stato stabilito con la violenza. lo non farò uso della forza contro chi è incredulo e superstizioso. Nessuno dev'essere vittima di costrizione. La libertà è l'essenza della fede » Idem, vol. 9, cap. 8.
Ben presto a Wittenberg si seppe che Lutero era ritornato e che si accingeva a predicare. La gente affluì da ogni parte e la chiesa fu affollatissima. Salito sul pulpito, egli istruì,. esortò, rimproverò con bontà e avvedutezza. Parlando di alcuni che erano ricorsi a misure di violenza per abolire la messa, dichiarò:
« La messa non è una cosa buona, e Dio vi si oppone. Essa dovrebbe essere abolita, e io vorrei che in tutto il mondo essa fosse sostituita dalla Cena dei Vangelo. Però nessuno deve essere strappato ad essa con la- forza. Dobbiamo lasciare la cosa nelle mani di Dio: è la sua Parola che deve agire, non noi. Vi chiederete perché. Ebbene, io non tengo i cuori degli uomini nelle mie mani come il vasellaio tiene l'argilla. Noi abbiamo il diritto di parlare, non quello di agire. 'Predichiamo e lasciamo il resto a Dio. Se io ricorressi alla forza, che vantaggio ne trarrei? Gesti di disapprovazione, formalismo, ordinanze umane, ipocrisia... Farebbero difetto la sincerità del cuore, la fede e la carità. Ora, dove queste tre cose mancano, manca tutto, ed io non darei una lira per simile risultato... Fa più Dio con la sua Parola che io e tutto il mondo con le-nostre forze riunite. Dio conquista il cuore, e quando il cuore è conquistato, la vittoria è conseguita...
« lo predicherò, discuterò, scriverò, ma non costringerò mai nessuno perché la fede è un atto volontario. Guardate quello che ho fatto: mi sono levato contro il papato, contro le indulgenze, contro i papísti; ma l'ho fatto senza violenza, né tumulto. lo mi attengo alla Parola di Dio. Ho predicato, ho scritto: ecco tutto quello che ho fatto. Eppure, mentre io dormivo... la parola predicata ha abbattuto il papato, sì che né principi, né imperatori gli hanno arrecato altrettanto danno. Ma non ho fatto nulla, in quanto è la Parola che ha fatto tutto. Se fossi ricorso alla forza, forse tutta la Germania sarebbe stata immersa nel sangue, e con quale risultato? Rovina e desolazione nel corpo e nell'anima. Perciò io me ne sono rimasto quieto e ho lasciato che la Parola da sola corresse per tutto il mondo » Ibidem.
Giorno dopo giorno, per una settimana Lutero proseguì la sua predicazione a folle bramose di ascoltarlo. La Parola di Dio spezzò l'incantesimo dell'esaltazione fanatica, e la potenza del Vangelo ricondusse il popolo nella via della verità.
Lutero non aveva alcuna intenzione di incontrarsi con i fanatici il cui comportamento aveva fatto così tanto male. Egli sapeva che erano uomini dal giudizio non sereno, animati da passioni incontrollabili, i quali, pur dicendo di essere stati illuminati dal cielo, non avrebbero tollerato la minima contraddizione e non avrebbero accettato neppure il più bonario e amichevole consiglio o rimprovero. Arrogandosi la suprema autorità, essi esigevano che tutti, senza discussione, riconoscessero la validità delle loro pretese. Siccome essi chiedevano un abboccamento con Lutero, questi accettò di incontrarli. Riuscì a controbattere così bene le loro affermazioni che quegli impostori si affrettarono ad abbandonare Wittenberg.
Il fanatismo era stato momentaneamente debellato, ma purtroppo vari anni dopo esplose di nuovo e con maggiore violenza, dando origine a più terribili risultati. Lutero, parlando dei dirigenti di questo movimento, disse: « Per loro le Sacre Scritture sono lettera morta. Tutti gridano: "Lo Spirito, lo Spirito!", ma io non intendo seguirli là dove lo spirito li conduce. Possa Iddio, nella sua misericordia, preservarmi da una chiesa in cui ci sono solo dei santi! lo preferisco vivere con gli umili, coi deboli, con gli ammalati, i quali riconoscono e sentono i propri peccati e gemono e gridano del continuo a Dio dall'intimo dei loro cuori per ricevere da lui consolazione e aiuto » Idem, vol. 10, cap. 10.
Tommaso Münzer, il più attivo dei fanatici, era un uomo dotato di notevole capacità che, se ben diretta, gli avrebbe consentito di fare del bene. Purtroppo, egli non aveva assimilato neppure i primi elementi della vera religione. « Pervaso dal desiderio di riformare il mondo, egli dimenticava, come tutti gli entusiasti, che la Riforma doveva cominciare proprio da lui » Idem, vol. 9, cap. 8. Münzer ambiva occupare una posizione che gli conferisse prestigio e non voleva essere secondo a nessuno, neppure a Lutero. Affermava che i riformatori nel sostituire all'autorità del papa quella delle Sacre Scritture, non avevano fatto che istituire un'altra forma di papato. Egli stesso - aggiungeva era stato divinamente incaricato di introdurre la vera riforma. « Chi possiede questo spirito », affermava, « possiede la vera fede, anche se in vita sua non dovesse mai vedere le Scritture » Idem vol. 10, cap. 10.
Questi insegnanti fanatici, vittime delle proprie impressioni, ritenevano che ogni loro pensiero e ogni loro impulso fossero la voce di Dio. Alcuni giunsero addirittura a bruciare la Bibbia dicendo: « La lettera uccide, ma lo spirito vivifica ». L'insegnamento di Münzer soddisfaceva il desiderio di chi andava in cerca del meraviglioso, e lusingava l'orgoglio mettendo le idee e le opinioni umane al di sopra della Parola di Dio. Le sue dottrine furono accettate da migliaia di persone. Ben presto egli finì col denunciare ogni ordine nel culto pubblico e dichiarò che l'ubbidienza ai principi equivaleva a voler servire Dio e Belial*.
Il popolo, che già cominciava a respingere il giogo papale, dava segni di insofferenza, dimostrando di mal sopportare le limitazioni imposte dall'autorità civile. Per conseguenza, gli insegnamenti rivoluzionari di Miinzer -il quale pretendeva che essi erano approvati da Dio indussero la gente a ignorare ogni controllo e a lasciAre briglia sciolta al pregiudizio e alle passioni. Ne seguirono terribili scene di sedizione e di violenza, tali che i campi della Germania furono inondati di sangue.
L'angoscia dell'anima che Lutero aveva così a lungo conosciuto a Erfurt, si faceva in lui sempre più opprimente perché i risultati del fanatismo venivano attribuiti alla Riforma. I principi sostenitori di Roma dichiaravano - e molti erano pronti ad accettare le loro affermazioni che la ribellione era il frutto naturale delle dottrine di Lutero. Quantunque l'accusa fosse del tutto infondata, essa fu fonte di grande tri~ stezza per il riformatore. Che la causa della verità fosse biasimata e abbassata al livello di un meschino fanatismo, era qualcosa di più forte di quanto egli potesse sopportare. D'altra parte, i capi della rivolta odiavano Lutero perché non solo egli si opponeva alle loro dottrine e non credeva alle loro pretese di ispirazione divina, ma li aveva dichiarati ribelli all'autorità civile. Per vendicarsi, lo denunciarono come un abietto presuntuoso. Sembrava che Lutero si fosse tirato addosso l'inimicizia dei principi e del popolo.
I sostenitori di Roma esultavano all'idea di vedere il. rapido crollo della Riforma, e accusavano Lutero perfino degli errori che egli aveva combattuto con tanta energia. Il partito dei fanatici, poi, con la pretesa di essere stato trattato ingiustamente, riuscì ad accaparrarsi la simpatia di una larga categoria di persone e, come spesso accade a chi si schiera con l'errore, fu considerato martire. In tal modo, quanti si opponevano energicamente alla Riforma finirono con l'essere giudicati vittime dell'oppressione e della crudeltà. Quest'opera di Satana era animata da uno spirito di ribellione analogo a quello che egli aveva già manifestato una volta in cielo.
Satana cerca continuamente di ingannare gli uomini e di indurli a chiamare il peccato giustizia e la giustizia peccato. La sua opera è spesso coronata dal successo. Quante volte, infatti, i fedeli servitori di Dio sono oggetto di biasimo perché difendono coraggiosamente la verità! Degli uomini, i quali altro non sono se non agenti di Satana, vengono lodati, incensati, se non addirittura considerati martiri, mentre coloro che dovrebbero essere rispettati e sostenuti per la loro fede e per la loro fedeltà a Dio, sono abbandonati e fatti segno alla sfiducia e al sospetto.
La falsa santità e la falsa santificazione continuano ancora la loro opera di seduzione. Sotto varie forme esse rivelano lo stesso spirito manifestato al tempo di Lutero, inteso a distogliere le menti dalle Sacre Scritture per spingere gli uomini a seguire i propri sentimenti e le proprie impressioni anziché ubbidire alla legge di Dio. t questa una delle più sottili astuzie cui Satana ricorre per gettare delle ombre sulla purezza e sulla verità.
Intrepido, Lutero difese il Vangelo dagli attacchi che da ogni parte gli erano mossi. Ancora una volta la Parola di Dio fu un'arma potente. Con essa egli lottò contro le usurpazioni del papa, contro la filosofia scolastica, e rimase saldo come una roccia di fronte al fanatismo che tentava di allearsi alla Riforma.
Questi vari elementi cercavano, ciascuno per proprio conto, di accantonare le Sacre Scritture e di esaltare la sapienza umana come fonte di verità e di conoscenza nel campo religioso. Il razionalismo idolatra la ragione e ne fa il criterio della religione. Il Cattolicesimo secolare reclama per il pontefice un'ispirazione che -discendendo in linea ininterrotta dagli apostoli - offre l'opportunità per ogni sorta di stravaganza e di deviazione sotto il manto della santità del mandato apostolico. L'ispirazione che Münzer e i suoi collaboratori pretendevano di avere derivava dalle divagazioni della loro immaginazione e non riconosceva alcuna autorità divina o umana. Il Cristianesimo, invece, vede nella Parola di Dio il ricco forziere della verità ispirata e la pietra di paragone di ogni ispirazione.
Al suo ritorno dalla Wartburg, Lutero ultimò la traduzione del Nuovo Testamento, e in breve tempo l'Evangelo poté essere dato ai tedeschi nella loro lingua madre. Questa traduzione fu accolta con gioia da tutti coloro che amavano la verità, mentre fu avversata da quanti preferivano attenersi alle tradizioni e ai comandamenti umani.
I sacerdoti si allarmarono al pensiero che il popolo potesse discutere con loro i precetti della Parola di Dio e che, così, venisse a galla la loro ignoranza. Le armi del loro ragionamento umano erano impotenti contro la spada dello Spirito. Roma fece appello a tutta la sua autorità per impedire la circolazione delle Scritture; ma decreti, anatemi e torture risultarono inutili. Più la chiesa condannava la Bibbia, maggiore appariva il desiderio del popolo di conoscere che cosa essa insegnasse. Tutti coloro che sapevano leggere erano bramosi di studiare da se stessi la Parola di Dio. La portavano con sé, la leggevano, la rileggevano, e non erano soddisfatti se non quando riuscivano a impararne a mente lunghi brani. Nel vedere con quanto favore era stato accolto il Nuovo Testamento Lutero cominciò immediatamente a tradurre anche il Vecchio Testamento e a farne pubblicare le varie porzioni di esso a mano a mano che venivano da lui ultimate.
Gli scritti di Lutero erano bene accolti nelle città e nei villaggi. « Quello che Lutero e i suoi amici componevano, gli altri lo diffondevano. Dei frati, convinti dell'illegalità degli obblighi monastici e desíderosi di abbandonare una lunga vita di pigrizia per intraprenderne una attiva, riconoscendosi troppo ignoranti per poter proclamare la Parola di Dio, percorrevano le province visitando case e capanne per vendere i libri di Lutero e dei suoi amici. Non passò molto tempo che la Germania fu piena di questi baldi colportori » Idem, vol. 9, cap. 1 l.
Quegli scritti erano studiati con vivo interesse da ricchi e da poveri, da dotti e da ignoranti. La sera, gli insegnanti 'delle scuole rurali li leggevano ad alta voce a piccoli gruppi di persone raccolte intorno a un caminetto. In tal Modo molte anime furono convinte della verità, accettarono con gioia la Parola e si affrettarono a comunicarla ad altri.
Si avverò, così, quanto si legge nel Salmo 119, al versetto 130: « La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici ». Lo studio delle Sacre Scritture operava un profondo cambiamento nelle menti e nei cuori della gente. Il dominio papale aveva imposto, a quanti gli erano soggetti, un giogo di ferro che li teneva nell'ignoranza e nella degradazione. Veniva loro richiesta una tale superstiziosa osservanza delle forme, che ben pochi mettevano nel loro culto il cuore e la mente. La predicazione di Lutero, che esponeva le chiare verità della Parola di Dio e la stessa Parola da lui posta nelle mani del popolo, avevano valso a riscuotere le facoltà assopite, a nobilitare e a purificare la natura spirituale, oltre che a infondere nuovo vigore e nuovo impulso all'intelletto.
Si vedevano persone di ogni ceto difendere, con la Bibbia alla mano, le dottrine della Riforma. I papisti che avevano lasciato la cura dello studio delle Scritture ai sacerdoti e ai frati, si rivolgevano a loro perché refutassero i nuovi insegnamenti. Preti e monaci, pero, nella loro ignoranza delle Scritture e della potenza di Dio che da esse deriva, finivano invariabilmente con l'essere sconfitti da quanti essi avevano considerato eretici. Un autore cattolico dichiarò: « Sfortunatamente, Lutero aveva persuaso i propri seguaci a credere solo agli oracoli delle Sacre Scritture » Idem, vol. 9, cap. 11. La folla si accalcava per ascoltare l'esposizione della verità fatta da uomini di scarsa cultura e da essi discussa perfino con dotti ed eloquenti teologi. La palese ignoranza di questi grandi uomini era resa ancora più evidente via via che i loro argomenti venivano ribattuti dalle semplici dichiarazioni della Parola di Dio. Artigiani e soldati, donne e perfino bambini erano più familiari con l'insegnamento della Bibbia di quanto non lo fossero i sacerdoti e i dottori.
Il contrasto fra i discepoli del Vangelo e i sostenitori della superstizione romana non era meno manifesto nelle file dei dotti che fra il popolo. « Dinanzi ai vecchi campioni della gerarchia ecclesiastica, che avevano trascurato lo studio delle lingue e la cultura letteraria... si ergevano dei giovani dalla mente aperta, dediti allo studio, i quali investigavano le Scritture e si famifiarizzavano con i capolavori dell'antichità. Dotati di una mente acuta, di un'anima elevata, di un cuore intrepido, essi acquisirono ben presto una conoscenza tale che per molto tempo nessuno poté competere con loro... Per conseguenza, quando questi difensori della Riforma s'incontravano con i dottori di Roma, li affrontavano con tanta sicurezza che essi tentennavano, si sentivano imbarazzati e finivano col fare una figura meschina sotto gli occhi di tutti » Ibidem.
Quando il clero romano si rese conto che le congregazioni diminuivano di numero, invocò l'aiuto dei magistrati e si sforzò di riconquistare gli uditori con ogni mezzo a sua disposizione. La gente, però, aveva ormai trovato nei nuovi insegnamenti quello che poteva soddisfare l'anima e quindi si allontanò da chi, per tanto tempo, l'aveva nutrita con la vanità di libri che insegnavano riti superstiziosi e tradizioni umane.
Allorché la persecuzione infierì contro quanti insegnavano la verità, questi si attennero alle direttive di Gesù: « E quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra » Matteo 10: 23. La luce penetrò dappertutto perché i fuggiaschi trovavano ovunque una porta ospitale che veniva loro aperta e che offriva loro l'opportunità di predicare Cristo o nella chiesa, o nelle case private, o all'aria aperta. La verità, predicata con tanta energia e sicurezza, si diffuse con irresistibile potenza.
Invano le autorità ecclesiastiche e civili furono esortate a reprimere l'eresia. Invano ricorsero all'imprigionamento, alla tortura, al fuoco e alla spada. Migliaia di credenti suggellarono la loro fede col proprio sangue, ma l'opera andò avanti. La persecuzione servì solo a far diffondere la verità, mentre il fanatismo che Satana cercava di mescolare ad essa contribuì a rendere ancora più netto il divario fra l'opera di Satana e l'opera di Dio.