Appendice

Note generali

 

Nota I. (p. 50)

Nota 6. (p. 56)

Nota 11 (p. 65)

Nota 16 (p. 104)

Nota 21 (p. 276)

Nota 2. (p. 50)

Nota 7. (p 57)

Nota 12 (p. 65)

Nota 17 (p. 234)

Nota 3. (p. 52)

Nota 8. (p. 59)

Nota 13 (p. 77)

Nota 18 (p. 235)

Nota 4. (p. 53)

Nota 9. (p. 59)

Nota 14 (p. 85)

Nota 19 (p. 265)

Nota 5. (p. 54)

Nota 10. (p 59)

Nota 15 (p. 86)

Nota 20 (p. 267)

Nota I. (p. 50). TITOLI - In un passo incluso nella Legge Canonica Cattolica Romana, o Corpus Juris Canonici, papa Innocenzo III dichiara che il pontefice romano è il «vicegerente sulla terra non di un semplice uomo, ma dei verd Dio ». In una nota su questo brano è spiegato che ciò è dovuto al fatto che egli è il vicegerente di Cristo, che è « vero Dio e vero uomo ». Vedi Decretales Domini Gregorii Papae IX (« Decretali del Signore Papa Gregorio IX »), libro 1, de traslatione Episcoporum (« sulla traslazíone dei vescovi ») titolo 7, cap. 3; Corpus Juris Canonici (2a edizione, Lipsia, 1881), col. 99; (Parigi 1612), tomo 2, Decretales, col. 205. 1 documenti che formano le decretali furono raccolti da Graziano, che insegnava all'universìtà di Bologna intorno al 1140. La sua opera fu aggiunta a un'edizione nuovamente pubblicata da papa Gregorio IX nel 1234. Altri documenti apparvero in anni successivi, di quando in quando, comprese le Extravagantes, aggiunte verso la fine del XV secolo. Tutto ciò, con il Decretum di Graziano, venne pubblicato come Corpus Juris Canonici, nel 1582. Papa Pio X autorizzò la codificazione nella legge canonica nel 1904, e il codice che ne risultò divenne effettivo nel 1918.

Circa il titolo « Signore Dio il Papa » vedere una nota in Extravagantes di papa Giovanni XXII, tit. 14, cap. 4, Declaramus. In un'edizione di Anversa sulle Extravagantes, datata 1584, le parole Dominum Deum Nostrum Papam (« Nostro Signore Dio il papa ») si trova nella col. 153. In una edizione di Parigi nel 1612 si trovano nella col. 140. In varie edizioni pubblicate fino al 1612 la parola Deum (« Dio ») è stata omessa.

Nota 2. (p. 50). INFALLIBILITÀ - Sulla dottrina dell'infallibilità proclamata al Concilio Vaticano del 187071, vedere Philip Schaff, The Creeds of Christendom, vol. 2; Dogmatic Decrees of the Vatican Council, pp. 234-271, dove sono dati sia il testo latino sia quello inglese. Per - la discussione vedere, circa il punto di vista cattolico romano, The Catholic Encyclopedia vol. 7, art. « Infallibility », di P. J. Toner, p. 790 ff.; James Card. Gibbons in The Faith of Our Fathers (Baltimora, J. Murphy comp. 110' edíz., 1917), cap. 7, 11. Per l'opposizione cattolico romana alla dottrina della infallibilità papale, vedere I. I. Ignaz von Döllinger (pseudonimo « Janus »), The Pope and the Council (New York, Ch. Scribner's Sons 1869); e W. J. Sparrow Simpson, Roman Catholic Opposition to Papal Infallibility (Londra, I. Murray, 1909). Per il punto di vista non cattolico romano, vedere G. Salmon in Infallibility of the Church (Londra I. Murray, ed. riv. 1914).

Nota 3. (p. 52). CULTO DELLE I.MMAGINI - « Il culto delle immagini.... fu una di quelle forme di corruzione dei Cristianesimo che si insinuò furtivamente nella chiesa, in modo quasi del tutto inavvertito. Questa corruzione, a differenza di altre eresie, non si manifestò all'improvviso, poiché in tal caso avrebbe incontrato una decisa opposizione. Cominciò sotto un aspetto quasi legittimo e con esso, pratica dopo pratica, penetrò nella chiesa e vi prese salda radice. Così l'idolatria pratica non solo non incontrò nessuna efficace opposizione, ma non subì neppure decisi rimproveri. Quando, poi, ci si decise a sradicarla, il male era troppo profondamente penetrato perché lo si potesse eliminare... Ciò va attribuito alla tendenza idolatrica dei cuore umano e alla sua inclinazione a servire più la creatura del Creatore.

« All'inizio, quadri e immagini furono introdotti nelle chiese non per essere oggetto di culto, ma sia al posto dei libri che impartivano istruzioni per chi non sapeva leggere, sia per alimentare la devozione nella mente di altri. Fino a che punto essi abbiano risposto allo scopo è cosa piuttosto dubbia; ma, anche ammettendo che questo fosse il caso per un certo tempo, si finì poi col costatare che le immagini e i quadri, lungi dall'illuminare le menti degli ignoranti, provocavano le tenebre nella chiesa. Essi degradavano anziché elevare la devozione degli adoratori. Per cui, sebbene fossero intesi a far rivolgere le menti a Dio, finirono col distoglierle da lui e ad avviarle verso il culto delle cose create ». J. Mendham, The Seventh General Council, the Second of Nicaea, intr, pp. iii-vi.

Per la storia dello svolgimento e delle decisioni del secondo Concilio di Nicea del 787 d. C., chiamato a stabilire il culto delle immagini, vedere Baronio, Ecclesiastical Annals, vol. 9, pp. 391407 (Anversa 1612); 1. Mendham, The Seventh General Council, The Second of Nicaea; Ed. Stillingfleet, Defense of the Discourse concerning the Idolatry Practiced in the Church of Rome (Londra 1686); A Select Library of Nicene and Post-Nicene Fathers, 2a serie, vol. 14, pp. 521587 (New York 1900); Ch. J. Hefele, A History of the Councils of the Church, From the Original Documents, vol. 18, cap. 1, sez. 332, 333; cap. 2, sez. 345-352 (T. e T. Clark ed. 1896) vol. 5, pp. 260-304, 342-372.

Nota 4. (p. 53). LA LEGGE DI COSTANTINO SULLA DOMENICA - La legge emanata dall'imperatore Costantino il 7 marzo del 321 d. C., relativa a un giorno di riposo dal lavoro, è la seguente:

« Tutti i giudici, i cittadini e gli artigiani si riposino nel venerabile giorno del sole. Coloro che abitano in campagna possono occuparsi liberamente della cura dei campi, poiché spesso nessun altro giorno risulta così adatto per la semina o per la cura delle viti. Non si deve, perciò, trascurare il tempo favorevole e frustrare le benevoli intenzioni del cielo ». J. C. Ayer, A Source Book for Ancient Church History (New York, Ch. Scribner's Sons 1913) div. 2, par. 1, cap. 1, sez. 59, pp. 284, 285.

L'originale latino è nel Codex Justiniani (Codice di Giustiniano) libro 3, tit. 12, legge 3. La legge è riportata in latino e nella traduzione inglese in History of the Christian Church di Ph. Schaff, vol. 3, per. 3, cap. 7, sez. 75, p. 380, nota 1; e in Bampton Lectures, Sunday di J. A. Hessey lett. 3, par. 1, 3, ediz. Murray's Print. 1866 pag. 58. Vedere la discussione in Schaff, come sopra riferito; in A. E. Newman, A Manual of Church History (Filadelfia, American Baptist Public. Society, 1933), ed. riv., vol. 1, pp. 305-307; e in LeRoy E. Froom The Prophetic Faith of Our Fathers (Washington, Rev. and Her. Publish. Assn, 1950), vol. 1, p. 376-381.

Nota 5. (p. 54). DATE PROFETICHE - Un principio importante nell'interpretazione profetica per quel che riguarda le profezie cronologiche è quello dei giornoanno, secondo cui un giorno del tempo profetico corrisponde a un anno del tempo storico, secondo il calendario. Prima che gli israeliti entrassero nel paese di Canaan, mandarono dodici spie a esplorare il paese. Le spie rimasero assenti quaranta-giorni, e al loro ritorno gli ebrei, spaventati dal loro rapporto, rifiutarono di penetrare nella terra promessa e di occuparla. Il risultato fu la sentenza del Signore: « Come avete messo quaranta giorni a esplorare il paese, porterete la pena delle vostre iniquità quarant'anni; un anno per ogni giorno » Numeri 14: 34. Un analogo metodo di calcolo è indicato per mezzo del profeta Ezechiele: « Ti sdraierai di nuovo sul tuo lato destro, e porterai l'iniquità della casa di Giuda per quaranta giorni: t'impongo un giorno per ogni anno » Ezechiele 4: 6. Questo principio di un giorno per un anno trova un'importante applicazione nell’interpretazione dell'elemento tempo della profezia: « Duemila trecento sere e mattine » (Daniele 8: 14); nel periodo dei milieduecentosessanta giorni indicato anche come « un tempo, dei tempi, e la metà d'un tempo » (Daniele 7: 25); « quarantadue mesi » Apocalisse 11: 2; 13: 5, « milleduecentosessanta giorni » Apocalisse 11: 3, e i « tre giorni e mezzo » di Apocalisse 11: 9.

Nota 6. (p. 56). SCRITTI FALSIFICATI 0 FALSE DECRETALI - Fra i documenti attualmente considerati falsi, occupano un posto preminente la « Donazione di Costantino e le "Decretali" pseudo isidoriane ». « La "Donazione" di Costantino, è il nome tradizionalmente dato, a partire dal tardo Medioevo, a un documento che si dice sia stato dato da Costantino il Grande a Papa Sílvestro 1, e che si incontra per la prima volta in un manoscritto parigino (Codex lat. 2777), probabilmente del IX secolo. Dopo l'XI secolo esso è stato usato come potente argomento in favore delle pretese papali; ma a partire dal XII secolo è stato motivo di accesa controversia. Allo stesso tempo, nel consentire di considerare il papa come collegamento fra l'impero romano originale e quello del Medioevo, stabilendo così una base teorica di continuità della legge romana nel Medioevo, esso ha avuto un influsso non- trascurabile sulla storia ecclesiastica » The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge, vol. 3, art. « Donazione di Costantino » pp. 484,485.

La teoria storica sviluppata nella « Donazione » è ampiamente discussa in The Temporal Power of the Vicar of Jesus Christ di H. E. Cardinale Manning, Londra 1862. Gli argomenti della « Donazione » erano di tipo scolastico, e la possibilità di una falsificazione fu menzionata solo col sorgere della critica storica del XV secolo. Nicola di Cusa fu tra i primi e concludere che Costantino non aveva mai fatto una simile donazione. Lorenzo Valla, in Italia, nel 1450 fornì una brillante dimostrazione della sua falsità (Vedete Treatise of Lorenzo Valla on the Donatíon of Constantine di C. B. Coleman, New York, 1927). Ancora per un secolo, pero, la credenza nell'autenticità della « Donazione » e delle « False Decretali » si mantenne viva. Per esempio Martin Lutero dapprima accettò le decretali, ma poi disse a Eck: « lo impugno queste decretali ». A Spalatino dichiarò: « Egli [il papa] nelle sue decretali corrompe e crocifigge Cristo ».

Sembra stabilito che la « Donazione » è: (l.) una falsificazione, (2.) opera di uomo o di un periodo, (3.) il falsificatore si e servito di documenti anterìori, (4.) la falsificazione risale a un'epoca che si aggira fra il 752 e il 778. Per quanto riguarda i cattolici, essi abbandonarono la dífesa dell'autenticità del documento con Baronio, Ecclesiastical Annals nel 1592. Consultare per il testo migliore Festgabe fur Rudolf von Gneist, di Zeumer (Berlino, 1888), tradotto in Treatise da Coleman, che si richiama al precedente; e Select Historical Documents of the Middle Ages di E. F. Henderson (New York, 1892), pag. 319; Briefwechsel (Weimar ed.) pp. 141,161. Vedere anche The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge (1950), vol. 3, pag. 484; Rome in the Middle Ages di F. Gregorovius, vol. 2, pag. 329; Fables Respecting the Popes of the Middle Ages, di I. I. Ignaz von Döllinger, (Londra 1871).

I « falsi scritti » citati nel testo includono anche le « Decretali pseudo Isidoriane » e altre falsificazioni. Le « Decretali pseudo isidoriane » sono lettere fittizie attrìbuite ai primi papi: da Clemente (100 d. C.) a Gregorio il Grande (600 d. C.) incorporate in una raccolta dei IX secolo attribuita a « Isidoro Mercator ». Il nome « pseudo isidoriane » è entrato nell'uso corrente a partire dall'avvento della critica del XV secolo.

Lo pseudo Isidoro prese come base della sua falsificazione una raccolta di canoni validi chiamati Hispana Gallica Augustodunensis, riducendo così il pericolo dì essere scoperto, in quanto una collezione di canoni comunemente veniva fatta aggiungendo nuovo materiale al vecchio. In tal modo le sue falsificazíoní erano meno riconoscibili se incorporate nel materiale autentico. La falsità delle « Decretali pseudo isidoriane » è oggi incontestabilmente ammessa. Essa è dimostrata dall'evidenza interna, dall'esame delle fonti, dai metodi usati, dal fatto che il materiale era ignoto prima dell'852. Gli storici concordano nel ritenere l'850-851 come data probabile del completamento della raccolta, poiché il documento è citato per la prima volta nell'857 in Admonitio del capitolare di Quiercy.

Non si conosce l'autore di queste falsificazioni. Probabilmente esse provennero dal partito aggressivo della nuova chiesa formatasi nel IX secolo a Rheims, in Francia. Si è concordi nel ritenere che il vescovo Hincmar di Rheims se ne servì nella sua deposizione di Rothad di Soissons, che portò le « Decretali » a Roma, nell'861, e le presentò a Papa Nicola I.

Fra quanti negarono l'autenticità delle « Decretali », vanno ricordati: Nicola di Cusa (1401-1464), Ch. Dumoulin (1500-1566), G. Cassender (1513-1564). La prova irrefutabile della loro falsità fu data da Davide Blondel nel 1628.

Una prima edizione si ha in Migne Patrolgia Latina, CXXX. Per quel che riguarda il manoscritto migliore e più antico vedere Decretales Pseudo-Isidorianae at capitula Angilramni di P. Hinschius (Lipsia 1863). Consultare The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge (1950), vol. 9, pp. 343-345. Vedere H. H. Milman, Latin Christianity (9 volumi) vol. 3; J. J. Ignaz von Döllinger, The Pope and the Councìl (1869); e K. Scott Latourette, A History of the Expansion of Christianity (1939), vol. 3; The Catholic Encyclopedia, vol. 5, art. « False Decretali » e Fournier, « Etudes sure les Fausses Decretals » in Revue d’Historique Ecclesiastique (Lovanio 1906), vol. 7, 8.

Nota 7. (p 57). 1 DETTAMI (in latino « Dictatus ») DI 1LDEBRANDO - (Gregorio VII) - Per la versione originale latina vedere Baronio, Annales Ecclesiastici, anno 1706, vol. 17, pp. 405, 406, stampato a Parigi nel 1869; e Monumenta Germaniae Historica Selecta vol. 3, pag. 17. Per una traduzione in inglese vedere F. A. Ogg, Source Book of Medieval History (New York, American Book co. 1907), cap. 16, sez. 45, pp. 262-264; e Oliver J. Tratcher e E. H. McNeal, Source Book for Medieval History (New York, Ch. Scribner's Sons 1905), sez. 3, it. 65, pp. 136-139.

Per una discussione dell'ambiente dei Dìctatus, vedere The Holy Roman Empire, di J. Bryce, ediz. riv., cap. 10; e J. W. Thompson e E. N. Johnson, An Introduction to Medieval Europe, 3001500, pp. 377-380.

Nota 8. (p. 59). PURGATORIO - Il dottore Giuseppe Faa di Bruno, così definisce il purgatorio: « Il purgatorio è uno stato di sofferenza dopo questa vita, nel quale sono trattenute per un tempo determinato quelle anime che hanno lasciato la vita dopo che sono stati rimessi i loro peccati mortali per quel che riguarda la macchia e la colpa, come pure la pena eterna dovuta per essi; ma che, a causa di questi peccati, hanno ancora da pagare certi debiti della punizione temporale; come anche quelle anime che lasciano questo mondo, colpevoli di peccati veniali » Catholic Belief (Ediz. 1884, imprimatur arcivescovo di New York), p. 196.

Vedere anche Compendium of the History of Doctrines di K. R. Hagenbach (T. e T. Clark edit.) vol. 1, pp. 234-237, 405, 408; vol. 2, pp. 135-150, 308, 309; Delineation of Roman Catholicism di Ch. Elliot, libro 2, cap. 12; The Catholic Encyclopedia art. « Purgatorio » (libro 12).

Nota 9. (p. 59). INDULGENZE - Per una storia particolareggiata della dottrina delle indulgenze vedere A History of the Papacy from the Great Schism to the Sack of Rome di M. Creighton (Londra: Longmans, Green e Co. 1911), vol. 5, pp. 56-64, 171; W. H. Kent, « Indulgences The Catholic Encyclopedia, vol. 7, pp. 783-789; H. C. Lea, A History of Auricular Confession and Indulgences in the Latin Church (Filadelfia: Lea Brothers e Co. 1896); Th. M. Lindsay, A History of the Reformation (New York, Ch. Scribner's Sons, 1917), vol. 1, pp. 216-227; A. H. Newman, A Manual of Church History (Filadelfia, The American Baptist Publication Soc., 1953), vol. 2, pp. 53, 54, 62; L. Ranke, History of the Reformation in Germany (Ed. Londra, 1845), tradotto da S. Austin, vol. 1, pp. 331, 335-337, 343-346; Preserved Smith The Age of the Reformation (New York: H. Holt and Co. 1920) pp. 23-25, 66.

Circa le conseguenze pratiche della dottrina delle indulgenze durante il periodo della Riforma, vedere un foglio di H. C. Lea intitolato « Indulgences in Spain » pubblicato in Papers of the American Soc. of Church Hístory vol. 1, pp. 129-171. Riguardo poi all'aspetto storico, il dottor Lea dice nel paragrafo introduttivo del suo scritto: « Non disturbata dall'accesa polemica in atto fra Lutero e il dott. Eck e Sílvester Prierias, la Spagna continuò imperturbabile a calcare il vecchio sentiero e ci fornisce i documenti ufficiali incontestabili che ci permettono di esaminare l'argomento alla pura luce della storia ».

Nota 10. (p 59). LA MESSA - Per la dottrina della messa, come venne stabílita dal Concilio di Trento, vedere The Canons and Decrees of the Council of Trent di Ph. Schaff in Creeds of Christendom, vol. 2, pp. 126-139, dove sono dati sia il testo latino che la versione in lingua inglese. Vedere anche Canons and Decrees of the Council of Trent di H. G. Schroeder (St. Louis, Missouri, B. Herder, 1941).

Per una discussione sulla Messa, vedere The Catholíc Encyclopedia, vol. 5, art. « Eucarestia », di J. Pohle, pag. 572; Holy Sacrifice of the Mass Dogmatically, Liturgically, Ascetically Explained di N. Gihr, 12" ediz. (St. Louis, Missouri: B. Herder, 1937); The Mass of the Roman Rite, Its origins and Development di J. A. jungmann, tradotto dal tedesco da F. A. Brunner (New York, Benziger Bros. 1951). Per il punto di vista non cattolico, vedere G. Calvino Istituzione della Religione Cristiana, vol. 4, cap. 17,18; The Doctrine of the Real Presence di E. B. Pusey (Oxford, J. H. Parker, 1855).

Nota 11. (p. 65). VERSIONI VALDESI DELLA BIBBIA - Sulle recenti scoperte di manoscritti valdesi, vedere M. Esposito, « Sur quelques manuscrits de l'Ancienne Litterature des Vaudois du Piémont » in Revue d'Historique Ecclesiastique (Lovanio 1951), p. 130; « Die Waldenserbibeln » in Historisches Jahrbuch, 1894; D. Lortsch, Histoire de la Bible en France (Parigi 1910) p. 10.

Un'opera classica, di uno dei « barba » valdesi, è Histoire générale des Eglises Evangéliques des Vallées du Piémont di J. Leger (Leida, 1669), scritta all'epoca delle grandi persecuzioni e che contiene delle informazioni di prima mano, accompagnate da disegni.

Per la letteratura dei testi valdesi, vedere A. De Stefano, Civiltà medioevale (1944). Riformatori ed eretici del Medioevo (Palermo, 1938); J. D. Bounous, The Waldensian Patois of Pramol (Nashville, 1936); A. Dondaine, Archivum Fratrum Praedicatorum (1946).

Per la storia dei valdesi, alcune delle opere più recenti e raccomandabili sono: Storia dei valdesi in Italia di E. Comba (Torre Pellice, 1934); Mistics and Heretics di E. Gebhart (Boston, 1927). Il valdismo medioevale, Prolegomeni di G. Gonnet (Torre Pellice, 1935); Jalla, Hístoire des Vaudois et leurs colonies (Torre Pellice, 1935).

Nota 12. (p. 65). IL SABATO FRA I VALDESI - Alcuni scrittori hanno affermato che i valdesì, come regola generale, osservavano il settimo giorno, il sabato. Tale concetto deriva da alcune fonti che, nell'originale latino, descrivevano i valdesi come osservatori del dies dominicalis, o giorno dei Signore (domenìca), nelle quali, però, per un'abitudine che risale al tempo della Riforma, la parola « domenica » fu tradotta « sabato ».

Ad ogni modo esiste la prova storica di una certa osservanza dei sabato fra i valdesi. In un rapporto dell'inquisizione dinanzi alla quale furono portati alcuni valdesi della Moravia, verso la metà del XV secolo, si dice che fra i valdesi « non pochi celebrano il sabato con i giudei » I. I. Ignaz von Döllinger, in Beitrage zur Sektengeschichte des Mittetalters (« Rapporti sulla storia delle sette del medioevo »), Monaco 1890, 20 par., p. 661; non vi sono dubbi: questa fonte indica l'osservanza dei settimo giorno, o sabato.

Nota 13. (p. 77). EDITTO CONTRO 1 VALDESI - Una considerevole parte del testo della bolla papale contro i valdesi, di papa Innocenzo VIII nel 1487 (il cui originale si trova nella biblioteca dell'università di Cambridge), è dato in traduzione inglese da John Dowling in History of Romanism (ed. 1871) vol. 6, cap. 5, sez. 62.

Nota 14. (p. 85). WYCLIFF - Lo storico scopre che questo nome ha varie forme ortografiche. Per la piena discussione di questo vedere I. Dahmus, in The Prosecution of 1. Wyclyf (New Haven, Yale University Press, 1952), p. 7.

Nota 15. (p. 86). INFALLIBILITÀ - (Vedere nota 2). Per il testo originale delle bolle papali contro Wycliff, con traduzione in inglese, vedere I. Dahmus in The Prosecution of 1. Wyclyf (ibidem), pp. 3549; 1. Foxe in Acts and Monuments of the Church (Londra: Pratt Townsend, 1870), vol. 3, pp. 4-13.

Per un sommario di queste bolle mandate all'arcivescovo di Canterbury, al re Edoardo e al cancelliere dell'università di Oxford, vedere Merle DAubigné in The History of the Reformation in the Sixteenth Century (Londra: Blackie and Son, 1885), vol. 4, div. 7, p. 93; A. Neander in General History of the Christian Church (Boston: Crocker and Brester, 1,862), vol. 5, pp. 146,147; G. Sargeant, History of the Christian Church (Dallas: Frederick Publishing House, 1948), p. 323; G. V. Lechler in 1. Wycliff and His English Precursors (Londra: The Religius Tract Society, 1878), pp. 162-164; Ph. Schaff in History of the Christian Church (New York: Ch. Scribner's Sons, 1915), vol. 5, parte 2, p. 317.

Nota 16. (p. 104). CONCILIO DI COSTANZA - Una fonte fondamentale sul Concilio di Costanza è Das Concilium so zu Constanz gehalten ist worden di R. Ulrich (Augusta, 1483, incun.). Un recente e interessante studio di questo testo basato su « Aulendorf Codex », è la Collezione Spencer presso la Biblioteca Pubblica di New York, pubblicata da Karl Kùp, Ulrich von Richental's Chronicle of the Council of Constance (New York, 1936). Vedere anche H. Finke (ed.), Acta Concilii Constanciensis (1896), vol. 1; Hefele, Conciliengeschichte (9 volumi), vol. 6, 7; L. Mirbt, Quellen zur Geschichte des Papsttums (1934); Milman, Latin Christianity, vol. 7, pp. 426-524; Pastor, The History of the Popes, (34 vol.), vol. 1, p. 194. .

Altre più recenti pubblicazioni sul concilio sono: K. Zähringer, Das Kardinal Kollegium auf dem Konstanzer Konzil (Münster, 1935); Th. F. Grogau, The Conciliar Theory as It Manifested, Itself at the Council of Constance (Washington, 1949); F. A. Kremple, Cultural Aspects of the Council of Constance and Basel (Ann Arbor, 1955); 1. P. McGowan, d'Ailly and the Council of Constance (Washington, Cath. Univ. 1936).

Per G. Huss vedere Letters di G. Hus, 1904; Pope John XXIII, and Master John Hus di E. J. Kitts (Londra, 1910); John Hus (1915) di D. S. Schaff; John Hus (1915) di Schwarze; John Hus and the Czech Reform (1941) di M. Spinka.

Nota 17. (p. 234). GESUITISMO - Per una esposizione sull'origine, i princìpi e gli scopi della «Compagnia di Gesù», sottolineati dai membri di questo Ordine, vedere Concerning Jesuits edito da John Gerard, S. I., pubblicato a Londra nel 1902 dalla Società della Verità Cattolica. In questo libro è detto: « La molla principale dell'intera organizzazione della Compagnia é uno spirito di totale ubbidienza. Scrive S. Ignazio (di Loyola): "Ognuno si deve convincere che coloro che vivono nell'ubbidienza debbono lasciarsi guidare e dirigere dalla divina Provvidenza attraverso i loro superiori, come se fossero un corpo morto che si lascia trasportare dovunque e trattare in qualsiasi maniera, o come il bastone di un vecchio che serve a colui che lo tiene in mano in qualunque modo questo desideri utilizzarlo".

« Questa assoluta sottomissione è nobilitata dai suoi motivi e dev'essere - prosegue il fondatore - "pronta, lieta e costante;... il religioso ubbidiente esegue con gioia quello che i suoi superiori gli hanno ordinato per il bene generale, sicuro che così facendo ottempera realmente alla volontà divina" » Concerning Jesuits della contessa R. de Courson, p. 6.

Vedere anche L. E. Dupin, A Compendious History of the Church, sec. XVI, cap. 33 (Londra, 1713, vol. 4, pp. 132-135); Mosheim, Ecclesiastical History, sec. XVI, sez. 3, parte 1, cap. 1, par. 10 (incluse note); The Encyclopedia Britannica (9a ediz.) art. « jesuits »; C. Paroissen, The Principles of the Jesuits, Developed in a Collection of Extracts From Their Own Authors (Londra, 1860; una precedente edizione apparve nel 1839); W. C. Cartwright, The lesuìts, Their Constitution and Teaching (Londra, 1876); E. L. Taunton, The History of the Jesuits in England 1580-1773 (Londra, 1901). Vedere anche: H. Boehmer, The Jesuits (traduzione dal tedesco, Filadelfia, Castle Press, 1928); E. Goethein, Ignatius Loyola and the Gegenretormation (Halle, 1895); T. Campbell, The Jesuits 15341921 (New York, 1922); E. L. Taunton, The History of the Jesuits in England, 1580-1773 (Londra, 1901).

Nota 18. (p. 235). L'INQUISIZIONE - Per il punto di vista cattolico romano, vedere The Catholic Encyclopedia, vol. 8, art. ((Inquisition* di 1. Blötzer, p. 26; E. Vacandard, The Inquisition: A Critical and Historical Study of the Coercive Power of the Church (New York: Longmans and Co., 1908).

Per un punto di vista anglo-cattolico, vedere: Hoffman Nickerson, The Inquisition: A Political and Military Study of Its Establishment. Per il punto di vista non cattolico, vedere: Ph. Van Limborch, History of the Inquisition; H. C. Lea, A History of the Inquisition of the Middle Ages, 3 volumi; A History of the Inquisition of Spain, 4 volumi; The Inquisition in the Spanish Dependencies; H. S. Turberville, Medieval Heresy and the Inquisition (Londra: C. Lockwood and Son, 1920).

Nota 19. (p. 265). CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE - Per quel che riguarda le grandi conseguenze derivate dal rigetto della Bibbia e della religione biblica, vedere: H. von Sybel, History of the French Revolution, libro 5, cap. 1, par. 3-7; H. T. Buckle, History of Civilization in England, cap. 8, 12, 14 (New York, 1895, vol. 1, pp. 364-366, 369-371, 437, 540, 541, 550); Blackwood's Magazine, vol. 34, n. 215 (Novembre 1833), p. 739; 1. G. Lorimer, An Historical Sketch of the Protestant Church in France, cap. 8, par. 6, 7.

Nota 20. (p. 267). SFORZI PER SOPPRIMERE E DISTRUGGERE LA BIBBIA - Il Con cilio di Tolosa, che fu convocato al tempo della crociata contro gli Albigesi, decretò: «Noi proibiamo ai laíci di possedere copie dei Vecchio e del Nuovo Testamento... Noi proibiamo loro, nella maniera più severa, di avere i libri sopraccitatí nel vernacolo popolare». «I capi dei distretti scoveranno gli eretici nelle loro abitazioni, nelle tane, nelle foreste; anche i loro rifugi sotterranei dovranno essere totalmente spazzati via» Concil. Tolosanum, Pope Gregory IX, Anno chr. 1229, canoni 14 e 2.

« Questa peste (la Bibbia) si è talmente diffusa che alcuni si sono addirittura fatti i loro sacerdoti e anche degli evangelisti che hanno distorto e distrutto la verità dei Vangelo e fatto dei nuovi vangeli come sostegno delle loro idee... (essi sanno che) la predicazione e la spiegazione della Bibbia è assolutamente vietata ai laici » Acts of Inquisition, Ph. Van Limborch, History of the Inquisition, cap. 8.

Il Concilio di Tarragona (1234) decretò: « Nessuno può possedere i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento in lingua romanza. Se qualcuno li ha, dovrà consegnarli al vescovo locale entro otto giorni dalla promulgazione del presente decreto, perché siano dati alle fiamme ed egli, chierico o laico che sia, non venga considerato con sospetto fino a che ogni ombra non sia stata rimossa » D. Lortsch, Histoire de la Bible en France, 1910, p. 14.

Al Concilio di Costanza (1415) Wycliff fu condannato, dopo la sua morte, da Arundel, arcivescovo di Canterbury, che lo definì: « spregevole sostenitore di quella dannata eresia, che ha inventato una nuova traduzione delle Scritture nella sua lingua materna ».

L'opposizione alla Bibbia da parte della chiesa cattolica romana è proseguita attraverso i secoli ed è aumentata all'epoca della fondazione delle Società bibliche. L'8 dicembre 1866 papa Pio IX, nella sua enciclica Quanta cura, pubblicò un « sillabo » che sotto dieci titoli o capitolati elencava 80 errori. Sotto il titolo IV erano indicati: « Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche... Pesti di questo genere devono essere distrutte con ogni mezzo possibile ».

Nota 21. (p. 276). IL REGNO DEL TERRORE - Per una breve ma attendibile introduzione alla storia della Rivoluzione francese, vedere L. Gershoy, The French Revolution (1932); L. Lefebvre, The Coming of the French Revolution, (Princeton, 1947); H. von Sybel, History of French Revolution (1869), 4 volumi.

Il Moniteur officiel era l'organo governativo, al tempo della Rivoluzione, fonte di informazioni che conteneva un resoconto delle delibere delle Assemblee e i testi integrali dei documenti, ecc. Esso è stato ristampato.

Vedere anche A. Aulard, Christianity and the French Revolution (Londra 1927) in cui la narrazione copre tutto il 1802. Si tratta di uno studio eccellente; W. H. Jervis, The Gallican Church and the Revolution (Londra, 1882): un'opera molto accurata di un anglicano che manifesta una certa preferenza per il Cattolicesimo.

Circa il rapporto fra stato e chiesa in Francia durante la Rivoluzione, vedere H. H. Walsh, The Concordate of 1801: a Study on Nationalism in Relation to Church and State (Londra, 1933); Ch. Ledre, L'Eglise de France sous la Révolution (Parigi, 1949).

Alcuni studi contemporanei sul significato, religioso della Rivoluzione sono: G. Chais de Sourcesol, Le Livre des Manifestes (Avignone, 1800), nel quale l'Autore cerca di stabilire le cause del sollevamento e del suo significato religioso, ecc.; 1. Bicheno, The Signs of the Times (Londra, 1794); J. Winthrop, A Systematic Arrangement of Several Scripture Prophecies Relating to Antichrist; With Their Application to the Course of History (Boston, 1795); Lathrop, The Prophecy of Daniel Relating to the Time of the End (Springfield, Massachussets, 1811).

Per la chiesa durante la Rivoluzione, vedere W. M. Sloan, The French Revolution and Religious Reform (1901); P. F. La Gorce, Histoire Réligieuse de la Révolution (Parigi, 1909).

Circa le relazioni col papato, vedere: G. Bourgin, La France et Rome de 1788-1797 (Parigi, 1808), basato su archivi segreti del Vaticano; A. Latreille, L'Eglise Catholique et la Révolution (Parigi, 1950), specialmente interessante su Pio VI e la crisi religiosa, 1775-1799).

Per i protestanti durante la Rivoluzione, vedere Pressensé, The Reign of Terror (Cincinnati, 1869).

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